Istituto Saint-Dominique di Roma: la Petanque come fil rouge della vitascolastica. Il Presidente del Comitato Regionale Fib Lazio, Flavio Stani, ed il Consigliere Regionale nonché Consigliere della Federazione Mondiale Petanque, Francesca Di Folco, hanno intervistato il Direttore Benoît Bonnet.

 

 

Benoît Bonnet, 38 anni, Direttore dell’Institut International Saint Dominique, originario della Provenza e con la Petanque nel sangue, porta le bocce nella sua scuola a Roma. Il progetto è ambizioso: utilizzare la Petanque come strumento pedagogico, educativo e sociale e, quindi, come collante della vita scolastica. Fondamentale in questo progetto è la figura del Comitato Regionale della Fib Lazio, che da diversi anni collabora con la scuola e che ha da poco rinnovato gli accordi con l’istituto per sostenere progetti promozionali innovativi e dal carattere multiculturale.

 

Il Presidente della Fib Lazio Flavio Stani ed il Consigliere Regionale Francesca Di Folco, intervistano Monsieur Bonnet:

Un francese alla conquista di Roma… con la Petanque! Ma cosa significa per lei la Petanque?

“Per me la Petanque, prima ancora di essere uno sport, è un modo di vivere. Quando dico ciò viene spesso visto come una follia, ma io ne sono convinto. La Petanque è uno sport pieno di valori ed evoca tutte le dimensioni della persona umana: il fatto di giocare in silenzio, di osservare, ragionare, mantenere la giusta distanza, ma allo stesso tempo socializzare e portare avanti un gioco di squadra. È uno sport con una dimensione sia fisica che mentale e allo stesso tempo anche spirituale: la meditazione, la conoscenza di se stessi, dei propri compagni e degli avversari. Imparare la Petanque vuol dire imparare un modo di vivere”.

 

Lei viene dalla Francia, la Patria della Petanque. Secondo lei perché i Francesi, soprattutto nel sud della Francia, sono così legati a questo gioco?

“Direi che tutto è legato alla tradizione. La Petanque nasce nel sud della Francia e rispecchia il tipo di vita sociale che si conduceva nei villaggi in passato. La vita si svolgeva al centro del villaggio, la Petanque era un momento di aggregazione e si poteva giocare tutti insieme, dai bambini ai più anziani. Questo avveniva non solo in Francia, ma anche laddove la Francia ha portato questo gioco nel mondo. Pensiamo all’Asia del Sud o all’Africa del Nord, in ogni villaggio c’era un campo di bocce, era un po’ un segno della presenza Francese. Oggi questo spirito di aggregazione è rimasto in questi luoghi. Simbolicamente la Petanque può essere vista come un modo per tramandare le tradizioni di generazione in generazione, un po’ come si fa in alcuni villaggi con il racconto delle storie degli antenati intorno al fuoco”.

Secondo lei quale può essere la chiave per far amare e diffondere la Petanque anche in Italia?

“La prima cosa fondamentale è ripulire l’immagine della Petanque dagli stereotipi. Molto spesso non viene considerata come un vero sport e viene vista come un’attività per i più anziani. Ma se guardiamo la competizione a livello mondiale vediamo che c’è una netta maggioranza di atleti giovani o, al massimo, i giovani e i meno giovani giocano insieme. Pensiamo ad esempio alla Nazionale francese con Dylan Rocher, Philippe Quintais, Philippe Suchaud, ognuno rappresentante di una diversa generazione. Per far amare la Petanque bisogna farla vedere e provare, soprattutto ai più giovani”.

 

Lei è il direttore dell’Institut Saint-Dominique, una scuola Francese a Roma che ospita bambini e ragazzi dai 3 ai 20 anni, di diverse nazionalità e con un bagaglio culturale di respiro internazionale, quindi l’ambiente ideale per favorire lo sviluppo della Petanque in Italia. Ma quali sono i motivi che l’hanno spinta a portare la Petanque nell’istituto e quali sono i progetti per svilupparla?

“Quando sono arrivato nell’Istituto avevo bisogno di uno strumento per rilanciare e risollevare la scuola, anche a livello dell’unità e della socializzazione tra tutti, studenti e personale. Per fare questo ho pensato subito alla Petanque, uno strumento simbolo della Francia che non ha bisogno di particolari investimenti. L’accordo con la Fib è stato il primo accordo che ho firmato con un ente esterno appena mi sono insediato come direttore. Negli anni passati abbiamo avviato attività di promozione all’interno della scuola che hanno coinvolto tanto gli studenti quanto le famiglie e il personale scolastico. Da quest’anno la Petanque è stata introdotta come attività curriculare per i ragazzi delle medie e del liceo, grazie all’inserimento nel corpo docenti di Francesca Di Folco, istruttore e arbitro di Petanque, nonché consigliere regionale della Fib Lazio, dunque un importante punto di comunicazione tra l’istituto e la Federazione. Per i più piccoli invece la Petanque viene proposta come gioco durante la ricreazione, per imparare divertendosi insieme”.

 

Lei è un insegnante e un educatore e allo stesso tempo un giocatore di Petanque. Qual è, per lei, l’aspetto più difficile della Petanque da trasmettere da un punto di vista pedagogico?

“La Petanque è un gioco semplice e intuitivo ma allo stesso tempo fatto di molte regole, di tattica e di disciplina. Forse l’aspetto più difficile è imparare a capire l’avversario, prevedere le sue mosse, capire i suoi punti di forza e di debolezza e avere una visione completa del gioco per poter studiare una strategia efficace. Spesso quando si sta con i piedi nel cerchio ci si concentra solo su come fare un buon lancio, si sottovaluta l’aspetto tattico del gioco e ciò può costare la partita. Questo è un aspetto difficile da insegnare, dipende molto dal modo di pensare di ognuno di noi, non c’è una regola fissa, per cui ogni ragazzo deve trovare la sua dimensione”.

 

 

 

 

Considerando l’ambizioso progetto che sta portando avanti nell’istituto, quali sono le prospettive e quali traguardi si aspetta, o spera, di raggiungere? Pensa che un giorno uno dei suoi ragazzi potrà diventare il nuovo Diego Rizzi o, in questo caso, il nuovo Dylan Rocher?

 

“Il progetto è sicuramente ambizioso, ma come educatore so che lavorare con i ragazzi non è semplice. I ragazzi sono molto dinamici e passano di continuo da un’attività all’altra, da uno sport all’altro. La Petanque richiede pazienza, calma e il giusto tempo per se stessi, un po’ come la lettura, e potrebbe essere una medicina per la vita frenetica e dinamica a cui i nostri ragazzi sono abituati. Quindi per avere dei risultati nel futuro, dobbiamo lavorare con calma e portare avanti un percorso graduale e continuativo, per insegnare ai ragazzi non solo le regole di questo sport, ma anche tutti i valori e lo stile di vita che la Petanque porta con sé. Il Saint Dominique è in continua crescita e si prospetta di far diventare la scuola un grande centro sportivo e culturale in cui la Petanque può fare da filo conduttore, o meglio, da fil rouge, della vita scolastica”.

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