BREVE STORIA DELLE BOCCE IN ITALIA

 

La più antica testimonianza di un gioco delle bocce è del 7000 a.C. e si trova nella città neolitica di Catal Huyuk, in Turchia, dove sono state rinvenute alcune sfere di pietra che mostrano chiaramente segni di rotolamento su un terreno accidentato. Oggetti simili, ma più finemente lavorati, furono ritrovati nell’antichità anche in Egitto, a Roma ed in Grecia. Le legioni romane fecero conoscere il gioco in Gallia ed in Britannia dove ebbe in seguito un notevole sviluppo. Nel Medioevo si giocava per le strade, sulle piazze, nei castelli. Le bocce affascinarono tutti, nobili e popolani. La grande diffusione del gioco creò problemi di ordine pubblico e diede fastidio ai potenti. Le cause erano il lavoro trascurato, le scommesse e, a volte, le furibonde liti che scoppiavano durante accese partite. Scattarono così i primi divieti che limitarono fortemente il gioco per lunghi secoli. Dissero no alle bocce il francese Carlo IV il Bello (editto del 1319), Edoardo III d'Inghilterra (1339), Carlo V il Saggio (1369 in Francia) e i re inglesi Riccardo II (1388), Enrico IV (1401) ed Enrico VIII (1511). Non mancò però qualche voce a favore. Alla fine del '400 i medici dell'Università di Montpellier, in Francia, erano convinti che questo gioco fosse un eccezionale toccasana contro i reumatismi. Di buon occhio fu visto anche dall'umanista olandese Erasmo da Rotterdam (1466-1536) che lo chiamava "ludus globorum missilium"e da due teologi, il tedesco Martin Lutero (1483-1546) e il francese Calvino (1509-1564). Quest’ultimo fu un accanito giocatore.

Lo scrittore Rabelais, nel 1532, ci raccontò come Gargantua praticasse questo gioco per digerire mentre Bruegel il Vecchio immortalò le bocce nel suo famoso dipinto Giochi di fanciulli (1559) esposto alla Pinacoteca Nazionale di Vienna. Sir Francis Drake ne fu un vero patito. Nel 1588, avvertito dell'arrivo della flotta spagnola, la famosa "Invincible Armada", continuò tranquillamente a giocare a bocce sulle banchine del porto di Plymouth deciso, prima di salpare a difendere l'Inghilterra, a terminare un'incertissima partita con il suo nostromo.


Le bocce, però, continuavano a preoccupare le autorità. Nel 1576 i Dogi di Venezia emisero un pesantissimo editto contro "… il pericolo grande delle balle…". Erano praticamente uno degli ultimi anatemi contro un gioco che, oramai, si era diffuso in quasi tutta l'Europa occidentale. Infatti, verso la fine del Seicento, Carlo II d'Inghilterra lo legalizzò e, addirittura, fece predisporre una specie di regolamento. Nel 1753 uscì a Bologna un volumetto, il "Gioco delle bocchie" di Raffaele Bisteghi, che spiegava le regole del gioco allora praticato in tutta Italia con innumerevoli varianti.


Nel 1873 sorse a Torino la prima società d'Italia che assunse la curiosa denominazione di Cricca Bocciofila. Fu il primo mattone della futura organizzazione nazionale. Un quarto di secolo dopo, il 14 novembre 1897, un gruppetto di società bocciofile piemontesi si riunì a Rivoli, vicino a Torino, e decise di fondare un organismo di coordinamento dell'attività sul territorio. L’anno dopo, sempre a Torino, in occasione dell'Esposizione Internazionale, nacque l'Unione Bocciofila Piemontese, la prima federazione guidata da Paolo Streglio. Nel 1904 fu predisposto il primo regolamento tecnico di gioco ufficiale. L'attività era allora svolta unicamente all'aperto, su campi non delimitati, con bocce di legno. Gli emigranti italiani, in quel periodo, diffusero il gioco in molti paesi delle Americhe.


;Nel 1919 nacque l'Unione Bocciofila Italiana (U.B.I.), l'erede di quella piemontese, che nel 1926 fu riconosciuta dal Coni. Un importante traguardo per le bocce che si videro equiparate alle altre discipline sportive. Ma l'euforia durò poco. Tre anni dopo un decreto ministeriale trasferì le bocce dal Coni all'Opera Nazionale Dopolavoro (O.N.D.), considerando il gioco un'attività ricreativa. Nel nuovo contesto, pur non considerate sport, le bocce trovarono però una vera e sostanziale unificazione in tutta la Penisola e nacque una capillare organizzazione periferica. Fu adottato un unico regolamento tecnico di gioco in tutta Italia, il Nazionale (misto raffa e volo), favorito dalla nascita della boccia "sintetica", una sfera impastata con segatura e colla.


Nel 1945, caduto il fascismo, si sciolse anche l'Ond le cui funzioni passarono all'Ente nazionale assistenza lavoratori (E.N.A.L.). Nel dopoguerra le bocce ebbero una vita molto travagliata con la nascita di molteplici federazioni che praticavano diversi sistemi di gioco. Nel 1956 il torinese Luigi Sambuelli fu eletto alla presidenza della rinata Unione bocciofila italiana che praticava esclusivamente il gioco della specialità volo. Nel 1957 l’Italia ruppe il monopolio francese vincendo il 9° Campionato del mondo a quadrette del volo con Umberto Granaglia, Giuseppe Mollo, Nicolò Gaggero e Giuseppe Carrera. Era uno dei primi lampi di Granaglia, il futuro “Campionissimo”che, con la sua straordinaria carriera, è tutt’oggi considerato il più grande giocatore di questa specialità. Nel 1964 il romano Sandro De Sanctis fu eletto alla presidenza della Federazione italiana gioco bocce (E.N.A.L. – F.I.G.B.), che era rinata nell’immediato dopoguerra sulle fondamenta dell’ex Ond-Figb. Questa organizzazione, la più numerosa per tesserati e diffusa in tutta Italia, praticava tre sistemi di gioco, prevalentemente la raffa ma anche il volo e il Punto e volo nazionale.


Nel 1975 arrivò la prima maglia iridata seniores della specialità petanque. Sul podio più alto di Quebec, in Canada, salì la terna composta da Giovanni Serando, Salvatore Pau e Mario Carioli. I campioni azzurri delle piccole bocce vinsero anche i mondiali nel 1978 a Mons (Belgio) e nel 1979 a Southampton (Inghilterra). Anche la raffa ebbe il suo momento di gloria vincendo nel 1983 il primo campionato mondiale a Chiasso, in Svizzera, con Dante D’Alessandro, Bruno Suardi, Angelo Papandrea e Afro Molinari. D’Alessandro, a tutt’oggi il più grande interprete della boccia sintetica, vestì la maglia iridata anche nel primo mondiale individuale a Lugano nel 1988.


Nel 1979 si trovò un accordo e fu creata una federazione unitaria, voluta e riconosciuta ufficialmente dal Coni, l’attuale Federazione italiana bocce (F.I.B.), che promuove e coordina tre specialità di gioco, raffa, volo e petanque. Presidente fu eletto Luigi Sambuelli che nel 1985 passò il testimone a De Sanctis. Nel 1993 divenne presidente Romolo Rizzoli.


La consacrazione ufficiale della Fib sul piano internazionale a fianco delle altre discipline sportive arrivò per le bocce nel 1997 con la partecipazione ufficiale ai World Games di Lathi, in Finlandia, ed ai Giochi del Mediterraneo di Bari, prestigiose ouverture che regalarono agli azzurri due medaglie d’oro. In quell’anno furono anche organizzate a Roma e Torino cerimonie per festeggiare il primi 100 anni di vita della Federazione.


Il 19 marzo 2010 fu inaugurato il Centro tecnico federale di Roma, la cittadella dello sport delle bocce nella zona dell’Eur che, per ampiezza e funzionalità, è una struttura unica al mondo. L’Italia, che è stata praticamente la culla del gioco fin dal tempo dei Romani, ha sempre avuto un ruolo di leadership a livello mondiale. A tutto il 2016 le magliette azzurre si sono meritate 295 medaglie d’oro sui campi dei World Games, dei Giochi del Mediterraneo e dei campionati europei e mondiali. Un traguardo mai raggiunto da nessun’altra federazione boccistica al mondo.


Nel marzo 2017 si è tenuta a Verona l’assemblea nazionale, la prima, nella storia della Fib, con voto diretto delle società. Con un’ampia maggioranza è stato eletto alla presidenza Marco Giunio De Sanctis.

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