Lo conosco da molti anni. Sergio è un amico. Di tutta l'esperienza boccistica gli sono rimasti i trofei, qualche medaglia d’oro e poche sbiadite fotografie. Una è stata scattata a Motta di Livenza, vicino a Treviso, dove Sergio ha vinto il primo titolo tricolore, in coppia con Lorenzo. Il mio amico sostiene di averlo conosciuto solo pochi giorni prima del torneo. La loro è stata un’avventura esaltante: i pochi allenamenti svolti con il compagno gli avevano fatto capire quanto sarebbe stato importante per lui assumere la leadership di quell’improvvisata coppia sportiva, caricando su se stesso il peso delle decisioni tattiche e quindi la conduzione della gara. La volata verso la vittoria finale è stata simile a un galoppo a briglie sciolte, su un percorso a ostacoli, sì, superati però senza esitazione, con una serie di partite giocate molto bene, attraverso l’adozione di schemi rigorosi, realizzati grazie ai suoi accosti millimetrici e alla precisione di Lorenzo nei tiri di raffa e nelle bocciate.

 

Sergio stesso ricorda che gli avversari, annichiliti da quella superba prestazione tecnico/tattica, uscivano a testa bassa dalle corsie, catapultati fuori del terreno di gioco alla stregua di vecchi cow-boy capitati per caso in un rodeo, alle prese con cavalli scatenati e imbizzarriti, dai quali si trovavano sbalzati giù dalla sella in poco tempo.

 

Accanto a quella prima foto, ce n’è un’altra scattata a Bologna, alla bocciofila "Italia Nuova", quando le corsie in terra erano all'aperto: al termine di un incontro memorabile, valido per l’assegnazione del trofeo più importante della stagione, il direttore di gara aveva richiamato in campo i protagonisti - Sergio e il suo avversario, l’amico/nemico Valentino, strepitoso giocatore di Ferrara - sollecitando il pubblico a prolungare lo scrosciante applauso che aveva salutato la fine di una partita densa di contenuti tecnici e spettacolari, con giocate al limite della perfezione.

 

«Per quanto mi riguarda» - aveva detto al microfono il direttore di gara - «credo di non aver mai assistito a una partita così bella ed emozionante. Tutti noi dobbiamo ringraziare questi giovani allievi che, con bravura e correttezza, hanno saputo onorare lo sport delle bocce».

 

Sergio, ancora oggi, ricorda con indicibile emozione l’intensità di quel momento, vissuto in un’atmosfera surreale, nel caldo pomeriggio di una domenica estiva.

 

Della seconda vittoria consecutiva agli assoluti - ottenuta a Piacenza, sulle corsie (sempre in terra, scoperte) della bocciofila "Astra" - gli rimane solo una sbiadita istantanea del podio; ma è un altro il fotogramma impresso nella sua mente: alcuni istanti prima di effettuare la bocciata decisiva, con la coda dell’occhio, il giovane boccista aveva intravisto gli spettatori alzarsi dalle panchine della tribuna laterale, come se avessero voluto accompagnare quel difficile gesto atletico che per lui, tuttavia, era qualcosa di intrinseco e governabile.

 

Non poteva, non doveva sbagliare. Sergio sapeva che non avrebbe sbagliato.

 

E infatti…ecco la rincorsa, poco più veloce del normale, la coordinazione perfetta e il lancio preciso: la boccia, dopo un volo di alcuni metri, aveva terminato la corsa contro il bersaglio dichiarato. Prima ancora che la boccia avversaria finisse la propria corsa contro la tavola di fondo e l’arbitro ufficializzasse la fine della partita, Lorenzo, l’inseparabile compagno di coppia, aveva abbracciato Sergio, sollevandolo verso l’alto con tutta l’energia nervosa che, in qualche modo, doveva scaricare.

 

E intanto, dalle tribune, era partito un meraviglioso applauso, uno di quelli capaci di riscaldare l’animo di un atleta per tutta la vita.

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