Nel 1985 Gian Paolo Ormezzano intuì il volta pagina di un gioco affascinante

 

Ormezzano

 

Gian Paolo Ormezzano, una delle più deliziose e intelligenti penne che da una vita parlano con straordinaria competenza di sport, ha scritto spesso anche di bocce. Il famoso giornalista, che da buon torinese conosce a fondo questo gioco, ne apprezza i pregi del gesto, le genuine origini popolari, il magico mondo dei campetti sotto i pergolati, gli ambienti e i personaggi che ti prendono il cuore. Ma il suo occhio, che ha visto sempre molto lontano, oltre trent’anni fa aveva intuito che per le bocce, libere da orpelli e pregiudizi, si potevano aprire orizzonti inimmaginabili.

 

Non è brutta gente

In una prefazione ad una pubblicazione degli anni 80 pennellò così il gioco: “…il silenzio che accompagna il gesto abbastanza solenne del bocciatore e che finisce solo quando, colpendo il pallino, la boccia ha seccamente fatto scattare una specie di liberatorio interruttore…oppure il brusio pregno che accompagna l’andare della boccia a punto che smette un attimo quando si ferma e riparte che è già urlo…”. Poi una considerazione: manca una letteratura delle bocce. “Quanto ai ‘pezzi’ sono pochi e comunque in grande colpevole ritardo: basti pensare a cosa ha avuto nel passato come riconoscimenti aulici certa altra “sferistica” anche banaluccia e a cosa non hanno avuto e non hanno le bocce. Il pallone elastico, praticato da pochi nobilissimi gatti, è stato assai più cantato del gioco delle bocce che assembla in tutto il mondo e specialmente nella nostra bene amata nazione milioni di individui e tutti benissimo connotati come bravi, generosi, simpatici, precisi, onesti, valenti. Non si può infatti pensare in effetti ad uno che gioca a bocce come a uno che anche frequenta brutta gente, fa cosacce, non paga le tasse, passa col rosso. Eppure questo straordinario materiale umano è sfuggito abbastanza alla letteratura. Mistero dei misteri. Quando poi una semplice partita di bocce è arcadia, è alta filologia, è ecologia dell’uomo, è vino buono, è aria libera, è giustizia”.

 

Il migliore

Considerazioni di tanti anni fa. Flash perfetto. Oggi, come è sotto gli occhi di tutti, le cose hanno cambiato verso. Pur senza abbondare, ci sono parecchie pubblicazioni che parlano di questo mondo in positivo. Il gioco ha buona visibilità su tutti i media. Il sito web della Federbocce, fresco di restyling, è cliccato da oltre 100 Paesi. Un salto di qualità e di immagine di un gioco e dei suoi interpreti di cui Ormezzano aveva già fotografato i primi passi. Un abbrivio ai piani alti dello sport su cui buttò miele. ”Che le bocce sono sport nessun dubbio. E modi e metodi di giocare fanno sì che ognuno nel suo intimo possa sentirsi, per un “colpo” riuscito in quel preciso momento, il migliore del mondo. Il che non accade mettiamo in certi altri sport: mai un calciatore si sentirà Pelé, un nuotatore Spitz, un golfista Trevino, un ciclista Moser, un cestista Malone, uno sciatore Thoeni. Invece per chi esegue una bocciata esiste la possibilità di farla esattamente come il grande campione Granaglia e chi va a punto può mettere la boccia esattamente a contatto col pallino e chiedere e chiedersi cosa mai al mondo si può fare meglio…”.

 

Come i marinai

Bocce e donna, un rapporto difficile. “Non sono la donna le bocce. I giochi di palla si addicono anche alla donna, grosso modo da Nausicaa in giù almeno per chiare, celebri testimonianze letterarie. Ma le bocce no, soltanto da poco hanno riguardato le donne, prima l’uomo andava a giocare alle bocce anche per staccarsi dalla donna, per ritagliarsi uno spazio suo. Ed essendo la donna lontana nei posti delle bocce veniva evocata con malinconia e insieme oscenità: più o meno i bocciatori erano come marinai che si raccontano cose di donne aspettando di tornare a casa. La donna è insieme adorata e svillaneggiata…adesso ci sono bocciste praticanti, c’è persino l’embrione di una moda femminile legata alle bocce. Ci sono spettatrici ai grandi tornei, ci sono bevitrici di brindisi a fine partita. E si dice che proprio le donne abbiano portato nei brindisi del mondo delle bocce il vino bianco secco, leggero”.

 

Ecologicamente perfetto

I tempi stavano cambiando. La penna torinese aveva capito tutto. “Oggi si va a giocare a bocce in un posto giusto, con attrezzatura giusta. Ci sono, diffusi oramai anche dai giornali, gli stereotipi validi, i grossi campioni. C’è tutta un’offerta di interessi collaterali, di effetti speciali, che può esimere dal crasso anche volgare rituale di un tempo quando le bocce erano il terminale di discussioni, attività eterogenee. Adesso le bocce possono vivere per se stesse, sono anche sport e sono sport praticato per sport. Lo stesso professionismo dei campioni non è faraonico, è cattivante a livello di attenzione, non di invidia. Il più grande di tutti e probabilmente di tutti i tempi, Umberto Granaglia, cinquant’anni compiutissimi, riceve boccisti nel suo negozio di articoli per il suo sport. Sarebbe come se un Mc Enroe ricevesse regolarmente i tennisti in un suo negozio, facciamo pure in un suo stabilimento (o in una sua boutique). Insomma le bocce si sono in gran parte svincolate dal passato per quel che esso significava volgarità, faciloneria, pressapochismo, con sempre Strapaese sconfinante in Clochemerle. Le bocce sono sport ecologicamente perfetto in quanto sintonizzato perfettamente con l’uomo nel suo agitarsi medio, nel suo comportarsi medio, nel suo spendere medio, nel suo arrabbiarsi medio. L’uomo che gioca a bocce è un uomo giusto. Che fa gesti giusti, che apprezza la regolarità della sfera, che si gode l’opportunità di un campo preciso, la validità di un lungo momento in cui un centimetro conta e decide adesso come cent’anni fa”.

 

Un metodo di vita

Il suo excursus si conclude con un’altra carezza. “Boccisti non si diventa, boccisti si nasce nei gesti, nei modi, nel parlare, nel pensare la vita, nel viverla, anche. Boccisti sono quelli che conoscono la calibratura dei movimenti e dei sentimenti, l’esattezza dei pensieri, la pacatezza dei ragionamenti e che quando assumono il rischio prendono prima le misure, come nella bocciata difficile”.

 

Si ringrazia Daniele Di Chiara

 

Nella foto in alto, il campionissimo Umberto Granaglia

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