In occasione dei Campionati Nazionali di Promozione - 1^, 2^ e 3^ categoria - svoltisi di recente presso il Centro Tecnico Federale di Bergamo, gli appassionati hanno rivisto sulle tribune - e qualcuno, fra i meno giovani, l'ha riconosciuto - uno dei più grandi campioni di quello che definiamo "boccismo romantico": il milanese Domenico Micca, che da poco ha soffiato sulle candeline del suo 88° compleanno.

 

A partire dagli anni '60 fino almeno all'inizio degli anni '80, chiunque in Lombardia, e nel milanese in particolare, volesse associare un nome proprio al sostantivo boccia si trovava quasi costretto a pronunciare il nome di Domenico Micca.

Il grande campione, fino al momento dell'unificazione delle federazioni boccistiche - avvenuta nel 1979 - è stato tesserato per la Fisb che, con l'Enal-Figb, rappresentava allora una delle due grandi famiglie del boccismo nazionale.

 

Micca è stato per lungo tempo un moschettiere del presidente Fisb Aldo Annoni che, nel comitato di Milano, poteva contare sull'indiscussa leadership di Domenico Grossi, dirigente preparato e grintoso.

 

Micca era non solo un puntista costante, ma anche un ottimo individualista e, per di più, un giocatore dalla forte personalità e dal carisma indiscutibile.

Di lui ricordiamo numerosi e prestigiosi successi nazionali e internazionali.

Qui ci piace rammentare due episodi della sua carriera sportiva.

 

Il primo episodio risale al 1970, quando al Bocciodromo Comunale di Milano (il cosiddetto "XXV Aprile", a quei tempi gestito dalla famiglia Vanacore), in occasione della finale dei Campionati Italiani nella specialità individuale, il campione milanese fu costretto ad inchinarsi di fronte al vogherese Romano Scampoli, allora al suo quarto titolo tricolore, al termine di una partita bellissima sotto il profilo tecnico e tattico.

In quel frangente, piuttosto doloroso per lui sotto il profilo sportivo, poco prima della cerimonia delle premiazioni, Micca ebbe a riconoscere la classe dell'avversario tanto da esclamare: "Se proprio dovevo perdere, sono contento di essere stato battuto da Scampoli!"

Nel 1973, accadde che proprio a Voghera, città natale di Scampoli, Micca si prendesse una sorta di rivincita con il destino boccistico, aggiudicandosi il titolo italiano nella specialità coppia, insieme con Guglielmo Tarantola, raffatore sontuoso e abile nel gioco a punto; una vittoria che, se pur conquistata a fatica, rappresentava tuttavia la giusta conclusione di un'annata davvero straordinaria.

La finalissima di quel campionato ebbe risvolti epici e quasi drammatici: il punteggio era fissato sul 14 a 13 a favore dell coppia avversaria (a quei tempi, gli incontri agli Assoluti si disputavano ai 15 punti).

Micca, che per l'intera partita aveva giocato solo in accosto, si trovò, nel corso dell'ultima tornata, a dover effettuare una raffata ai 24 metri.

Punto a terra, a una ventina di centimetri dal pallino, per gli avversari - due veneti grintosi e capaci - che non avevano però altre bocce a disposizione.

Se fosse riuscito a colpire la boccia del punto, Micca avrebbe realizzato i due punti necessari per aggiudicarsi la vittoria; se al contrario avesse sbagliato, avrebbe perso partita e titolo.

Sulle tribune del bocciodromo iriense scese un silenzio tombale: il rumore di fondo si affievolì sino a sparire del tutto.

Sembrava quasi che l'universo intero stesse per inghiottire quella giocata attirandola verso un infinito e inconoscibile buco nero.

La tensione, in campo e sugli spalti, raggiunse vette altissime.

Il campione milanese riuscì a concentrarsi e ad eseguire una raffata impeccabile: Micca e Tarantola poterono così indossare, con pieno merito, la maglia tricolore, attorniati dall'entusiasmo dei loro sostenitori e degli sportivi tutti, consapevoli di quanto i milanesi avessero meritato quel titolo italiano.

Baci e abbracci; ma, per dirla tutta, sempre a proposito di boccismo romantico, un capitolo a parte occorrerebbe riservarlo anche alla storia sportiva della coppia Micca-Figini; però, non avendo a disposizione uno spazio infinito, terminiamo il racconto con tre semplici puntini di sospensione...

 

di Giorgio Macellari

 

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