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La riforma mancata. Di chi è la colpa?

Gabriele Gravina
Gabriele Gravina 
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I dati sono allarmanti ma il mondo del calcio non riesce mai a fare nulla: da troppi anni ormai si parla di una riforma dei campionati considerata a parole "indispensabile" ma che nessuno è capace di portarla avanti. Ci hanno provato in tanti, si sono arresi. Ci sta provando adesso anche Gabriele Gravina: ma è stato perso troppo tempo. Prima c'è stato il commissariamento della Lega Dilettanti, poi il cambio della guardia in Serie A fra Paolo Dal Pino e Lorenzo Casini, ora Francesco Ghirelli si è dimesso e la Serie C andrà al voto fra due mesi. Gravina è deluso: non c'è mai stato dialogo fra le tre Leghe professionistiche come aveva chiesto e sperava. Se ne riparlerà solo dopo metà gennaio, ma non sembra che ci sia una grande volontà nell'andare avanti e trovare un accordo. E poi in serie C chi avanzerà proposte dopo che Ghirelli si è bruciato? Si penserà soprattutto alla campagna elettorale (probabile la candidatura di Marcel Vulpis).

Gravina non ha avuto la forza sinora di imporre una vera riforma. In ottobre spiegava: "Se si dice che è un pallino di Gravina ridurre il campionato di A e B a 18 è un'offesa alla mia intelligenza. Ho chiesto rispetto per un progetto complessivo di riforma del calcio italiano e una nuova cultura di gestione dei bilanci. Oggi per la Serie A il turnover è al 15%, per la B al 35%, per la C al 25%. Vogliamo continuare a far fallire le società? Serve maggiore mutualità sul piano delle risorse e un minore turnover all'interno del meccanismo di promozione e retrocessione". Giusto, ma nessuno fa un passo avanti, o rinuncia a qualcosa. I club professionistici sono 100. Troppi. Una anomalia tutta italiana. La Lega di A lunedì in consiglio federale ha presentato un massiccio progetto dal titolo "Riformare il calcio italiano". Tantissime proposte, molte utopie. In merito ai campionati c'è scritto: "Prevedere maggiore sostenibilità economica-finanziaria delle categorie inferiori, anche rivedendo il numero complessivo delle squadre professionistiche (100 è un numero troppo alto)". Casini e i suoi suggeriscono quindi di tagliare in basso, in serie C, ma guai a toccare la A che vuole restare a 20, senza playoff e playout. La serie C ora è a 60 (una volta era novanta): accetterà il nuovo presidente di ridurre il numero delle squadre? Insomma, una braccio di ferro che non porta da nessuna parte. L'unico che può sbloccare questa situazione è Gravina, se davvero si convince che è il caso di farlo. Anche lui ha sbagliato ad aspettare troppo. Ma non è stato l'unico a sbagliare: gli altri dov'erano?

Contributi alle Federazioni, De Sanctis (Bocce): "Ci vuole un sistema più equo"

Quasi 300 milioni di contributi statali, distribuiti ieri da Sport e Salute: ma non bastano mai e qualche Federazione si lamenta sempre. Lo aveva fatto lo scorso anno Gianni Petrucci, n.1 della Federbasket. Anche stavolta ha usato parole assai pesanti nei confronti di Vito Cozzoli, presidente-ad di Sport e Salute. "Pochi soldi al basket, una scelta da incapaci" ha detto a La Repubblica. La sua Federazione ha preso 9 milioni e 400.000 di contributi. La Federvolley quasi 15 e il suo presidente, Manfredi, ora replica a Petrucci: "Per tanti anni siamo stati penalizzati ma non ci siamo mai lamentati dei contributi". Ci è rimasto male, guardando le tabelle, invece Marco Giunio De Sanctis, presidente della Federbocce (Fib): "Dopo aver letto i contributi 2023 ho avuto un sobbalzo in termini negativi. Non credo che la Federazione Italiana Bocce, con tutti i risultati agonistici ottenuti in questa stagione, ovvero nove medaglie d'oro ai Mondiali e tre agli Europei, meriti un trattamento del genere. Mi aspettavo molto di più a livello di contributo ordinario. Non è possibile che ci siano 15 milioni in più rispetto al 2022 e di questi non sia stato distribuito nulla alla nostra Federazione. Ricevere solo il trentesimo contributo (3,5 milioni) pur attestandoci tra le prime dodici Federazioni sportive a livello di tesserati e affiliati, non lo ritengo assolutamente giusto. C'è qualcosa nel sistema che non va. La Federazione non è fatta solo di partecipazione e risultati ai Giochi Olimpici, ma di tanti altri fattori altrettanto importanti. Noi siamo una Federazione estremamente accessibile, popolare, con grande storia e tradizioni e con un bacino di utenza incredibilmente vasto (non agonistico). Pertanto non ci riteniamo accontentati e soddisfatti, per ciò che la FIB rappresenta a livello sociale". De Sanctis spiega ancora: " Sto scrivendo una lettera al Ministro per lo sport, Andrea Abodi, sul quale confido molto perché conosce bene la nostra realtà e lo sport in generale e credo che da qui a poco tempo possa modificare lo stato delle cose. Informerò altresì il Coni, il Dipartimento dello Sport, Sport e Salute di questa mia insoddisfazione che non riguarda solo me, ma anche altri colleghi, auspicando che quanto prima, si possa tornare ad un modello più equo ed equilibrato per tutte le Federazioni sportive". Cozzoli non commenta e guarda avanti.